Recensione di “Gli Inadottabili”

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Autore: Hana Toke (Autore), A. L. Rubio (Illustratore)

Casa editrice: Rizzoli

Anno di pubblicazione: 2020

Genere: Narrativa ragazzi

Trama:Amsterdam, 1892. All’orfanotrofio del Piccolo Tulipano arrivano cinque neonati abbandonati nelle maniere più diverse, chi in una cesta a forma di bara, chi dentro un secchio per il carbone. Tutti modi comunque inaccettabili per la direttrice, l’arcigna e puntigliosa signora Gassbeek. Milou, Dita, Oval, Finny e Sem diventano presto gli “inadottabili”, casi disperati di cui la direttrice non riesce a liberarsi. Loro, però, sono uniti come fratelli e hanno trovato nell’amicizia la forza di resistere. Una speranza sembra profilarsi quando i ragazzi compiono dodici anni e un commerciante di zucchero, un certo signor Rotman, propone di prenderli con sé. Indossa abiti eleganti, ma ha baffi che fremono e un sorriso sbagliato. Per i cinque amici è l’inizio di un’avventura che richiederà tanto ingegno quanto coraggio. In un paese incantevole, tra i canali di Amsterdam e i mulini a vento del vasto polder, la loro fuga sarà costellata di atmosfere da brividi, messaggi segreti e colpi di scena. Età di lettura: da 10 anni.

Recensione: Cominciamo col dire che questo libro mi ha catturata fin dalla veste grafica. La Rizzoli ha fatto un ottimo lavoro con questo romanzo, dedicando una cura particolare alla sovraccoperta, alla copertina e alle decorazioni all’interno delle pagine. La fanno da padrone anche delle bellissime illustrazioni, perfette come stile per il genere di storia raccontata e capaci di caratterizzare ancora di più i nostri cinque protagonisti. La storia narra le avventure di cinque orfanelli che attraverso la ricerca delle proprie origini, affronteranno avventure, misteri e pericoli, superabili solo grazie al loro strettissimo rapporto e alloro aiutarsi reciprocamente. Ho sicuramente apprezzato l’ambientazione di questo racconto, molto dark e con un mood fortemente Hallowiniano. Le note scure e cupe donano un alone di mistero e un’aria tenebrosa, a tratti anche nostalgica. Difatti ci ritroveremo a sperare insieme a Milou di trovare la sua famiglia, soffriremo con loro per le ingiustizie subite e avremo il loro stesso timore di non farcela. È una storia in cui ci si affeziona ai personaggi e si spera nel lieto fine. Sin dalle prime pagine e con descrizioni quasi Burtoniane, l’autrice riesce a trasmetterci la personalità e le caratteristiche di ogni ragazzo. Oltre alle differenze fisiche, i cinque giovani sono approfonditi dal punto di vista psicologico e alla fine del racconto ci sembrerà quasi di conoscerli realmente. A mio parere, non c’è un unico cattivo della situazione, pur avendo a che fare con un uomo cattivo e miserabile. In questo libro, i cattivi sono le istituzioni che non funzionano, gli adulti che non ascoltano i ragazzi o che li sfruttano, l’egoismo di chi ha tutto nella vita e l’indifferenza nei confronti del prossimo. Ogni personaggio che i bambini incontrano, rappresenta uno di questi aspetti della società in cui vivono e ne incarnano gli aspetti più salienti, dando vita il più delle volte a veri e propri “mostri” da combattere. Per cui potremo dire che questo libro può esser visto anche come una denuncia nei confronti di quella parte che si dovrebbe occupare di una categoria più debole come quella dei bambini ma che in realtà spesso non è capace di prendersene cura o magari non ha interesse a farlo. Altro punto davvero interessante è l’importanza che viene data ad un rapporto bellissimo come quello dell’amicizia. I nostri protagonisti sono legati tra di loro da quando sono piccoli e sono talmente uniti da considerarsi un’unica grande famiglia. Ognuno c’è per l’altro e tra di loro si supportano e si aiutano senza remore. Il legame è talmente profondo da portare spesso uno dei cinque a rinunciare ai propri bisogni per andare incontro a quelli di qualcun altro. Non c’è gelosia, non c’è rancore né tanto meno risentimento; i cinque si vogliono bene e farebbero di tutto per restare sempre insieme. Ho trovato questo aspetto davvero intenso e profondo; come sia possibile che da un’esperienza così dura e difficile come quella dell’orfanotrofio, si possa uscire ancora più forti grazie al supporto di persone che, nonostante non siano parenti di sangue, diventino comunque le persone più importanti. Famiglia dopotutto è dove c’è casa ma non in senso fisico, piuttosto in senso figurativo, ovvero dove c’è senso di appartenenza e amore. Questo libro insegna che molte volte non c’è bisogno di andare tanto lontano per trovare le proprie radici; spesso le nostre fondamenta risiedono in chi ci sta accanto e rappresenta il nostro punto fermo.

10+

6 Risposte a “Recensione di “Gli Inadottabili””

  1. Avevo già notato questo libro già da un po’. Dopo la tua bellissima recensione sono sempre più convinto sulla lettura del libro.

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  2. Ottima recensione! Ho avuto il piacere di leggere anche io questo libro è sono contenta di sapere la tua opinione 🥰

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  3. Oddio avevo già sentito parlare di questa opera ma non ricordo dove. Comunque, una lettura piacevole, a quanto sembra

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