Recensione di “L’ultima Gru di Carta”

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Autore: Kerry Drewery

Casa editrice: Rizzoli

Anno di pubblicazione: 2020

Genere: Narrativa per ragazzi

Trama: Dice un proverbio giapponese: se avrai la pazienza di piegare mille gru di carta, il tuo desiderio si avvererà. È una splendida giornata d’estate. Ichiro, che sta per compiere diciotto anni, e il suo amico Hiro si godono una giornata libera dalla mobilitazione per lo sforzo bellico. Una luce abbagliante accompagna l’esplosione della bomba che cambierà le loro vite e il mondo. Feriti e confusi, i due ragazzi attraversano la città devastata alla ricerca della sorellina di Hiro, Keiko, che si trovava all’asilo. Quando dopo ore di disperata ricerca finalmente riescono a trovarla, alla gioia di abbracciarla illesa si sostituisce presto la consapevolezza di non essere in grado di portarla davvero in salvo. Hiro è ferito gravemente e Ichiro capisce che deve cercare aiuto, che da solo non potrà mai farcela. Chiede a Keiko di aspettarlo lì dov’è e in pegno della sua solenne promessa di tornare a prenderla le lascia un origami, una gru di carta. Ma le cose non andranno come sperava…

Recensione: Spesso sono le letture più semplici a segnarti profondamente. Considerata per ragazzi, affronta uno dei periodi più duri della nostra storia e in particolare il momento tragico dello scoppio della bomba sulla città di Hiroshima. Credo che sia doveroso riconoscere prima di tutto a questa lettura la capacità di arrivare ai più giovani in una forma semplice ma allo stesso tempo energica e significativa. L’obiettivo di questo libro non è semplicemente raccontare un evento storico che tutti conosciamo bene ma è soprattutto quello di arrivare alla gente in maniera delicata e far sentire la voce di chi quella tragedia l’ha vissuta. Difatti tratta di emozioni, di sentimenti, di affetti e di coraggio. Emerge sopratutto il senso di impotenza dei nostri protagonisti, lo spaesamento dopo l’accaduto e l’incapacità di darsi una spiegazione di tutta quella distruzione e del perché sia avvenuta. Muoiono famigliari, amici, vicini di casa, cittadini. Un’intera città rasa al suolo e le vittime vaganti spaesate e sofferenti. Questo è il clima in cui si sviluppa metà della storia. Il libro è riuscito a trasmettermi uno stato di angoscia a mio parere necessario per entrare nel vivo del racconto e sentire almeno un decimo di quell’emotività vissuta. Il resto della narrazione a mio parere è un pezzo dolcissimo di storia dedicato all’amore tra una nipote e suo nonno e il bisogno di vedere realizzati quei desideri ormai creduti impossibili. Il libro riesce a dare comunque speranza, a dimostrare che dalle macerie e dalla sofferenza può comunque nascere qualcosa di bello e di costruttivo. L’amicizia e l’amore sono forze insuperabili che a distanza di anni, nonostante si percorrano strade diverse, tengano unite le persone e riescano prima o poi a far incrociare il proprio cammino con quello della persona cara persa. La forma stilistica del romanzo a mio parere intensifica il messaggio e alimenta la sua capacità di arrivare dritto al cuore. La scelta di apporre alcune frasi molto significative a inizio e fine romanzo è un po’ come rimarcare alcuni punti fondamentali della storia; insegnamenti e massime che fanno riflettere. I disegni poi sono semplici ma allo stesso tempo di forte impatto: i colori che richiamano al Giappone sono essenziali, quasi minimali, vista la necessità di dare spazio alla sensibilità e non al sensazionalismo. A mio parere questo libro va descritto attraverso le reazioni di ognuno di noi, la commozione, il turbamento e il rincuoro a fine lettura. L’ultima gru di carta è una lettura che va assorbita e fatta propria in modo da dare una spiegazione ad un dramma temporalmente lontano da noi (anche se non così tanto) ma che sicuramente non va dimenticato.

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13 Risposte a “Recensione di “L’ultima Gru di Carta””

  1. Complimenti per la bellissima recensione deve essere un libro davvero profondo, un libro che una volta letto ti lascia qualche cosa denaro.

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  2. Complimenti bellissima recensione, questo libro dev’essere un libro molto profondo che ti lascia un qualche cosa dentro

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