Recensione di “L’Albero della Vergogna”

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Autore: Ramiro Pinilla

Casa editrice: Fazi Editore

Anno di pubblicazione: 2020

Genere: Narrativa storica

Trama: All’indomani della vittoria di Franco, il piccolo paesino di Gexto, nei Paesi Baschi, è un luogo paralizzato dalla paura: rappresaglie ed esecuzioni da parte di “quelli della Falange” sono all’ordine del giorno, e poco a poco gli uomini stanno scomparendo: alcuni sono caduti in guerra, altri vengono portati via in passeggiate dalle quali non si fa più ritorno, oppure fucilati di fronte alle loro famiglie, fra le grida delle loro donne. Ma chi c’è dall’altra parte? Altri uomini. Questa è la storia di Rogelio Cerón, uno di loro, un falangista ventenne che fa quello che fa senza sapere bene perché. Un giorno uccide un maestro repubblicano sotto lo sguardo del figlio, un bambino di dieci anni; per lui niente sarà mai più lo stesso, quegli occhi gli rimarranno impressi nella memoria per sempre: occhi fissi, freddi, che non piangono, ma che promettono vendetta. Trent’anni dopo, gli abitanti del paesino si chiederanno quale mistero si celi dietro la figura solitaria del “pover’uomo della baracca”, che da molto tempo conduce una vita da eremita prendendosi cura di un albero di fico, sopportando in silenzio l’assedio di un vicino convinto che sotto la pianta ci sia un tesoro. Cosa si nasconde, realmente, sotto quell’albero? Qual è il suo significato? Un romanzo sulla vendetta e sul perdono, sulle sconfitte e le umiliazioni, sulla memoria di un popolo, le ferite di un’intera generazione e la forza dirompente della Storia, che entra nella quotidianità e la stravolge.

Recensione: Un libro che ha aspettato un po’ sulla mia libreria. Un libro che a mio parere doveva esser letto al momento giusto col mood giusto e forse questo non è avvenuto del tutto. Ho avuto una certa difficoltà ad apprezzare lo stile di scrittura di Pinilla. Ho colto la sua capacità di trasmettere messaggi molto forti attraverso una penna che definirei tragico-comica e concentrata sull’enfatizzazione dell’emotività e dei sentimenti dei personaggi. Quello che mi ha frenato è stato il suo riportare pensieri, discorsi e ragionamenti in maniera libera, quasi come questi vengano formulati nella mente delle persone o vengano pronunciati sul momento. Sembra proprio di assistere ai dialoghi tra i vari paesani di questo piccolo paese oppure di essere dentro la mente del protagonista, leggendovi tutti i suoi pensieri e tutta la logica che porta alla loro formazione. È uno stile che da sempre mi ha appesantito nella lettura per cui anche in questo caso ho fatto una certa fatica a mantenere l’attenzione sulla storia. Inoltre a mio parere pur essendo davvero un racconto geniale e direi quasi paradossale, al limite del surreale, lo stile sembra discostarsi molto dal dolore e dall’orrore che si vuole descrivere, alcune volte stridendo. Ho apprezzato molto invece la storia che lega Gabino a Rogelio e l’evoluzione del loro rapporto così silenzioso ma allo stesso tempo così comunicativo. Questa è una storia di perdita, di vendetta e di perdono. Gabino perde due persone care e sembra volere vendetta; invece la sua sarà, a suo modo, una forma di perdono. Rogelio, dilaniato dai sensi di colpa, troverà nel sacrificio l’unica forma di perdono: un perdono che in realtà non deve ricevere da qualcuno, bensì deve dare a sé stesso. È interessante anche il modo in cui attraverso una storia così incredibile e assurda, si ponga l’accento sul bisogno dell’uomo colpevole di nascondere e di dimenticare gli orrori del passato. Ancora una volta si capisce invece quanto sia importante il ricordare e la memoria che i sopravvissuti ci tramandano. Nonostante si modifichi e si plasmi a proprio piacimenti, la verità viene sempre a galla e pesa come un macigno. La stessa cosa è successa con il periodo storico dei delitti dei Falangisti. Oggi sappiamo di cosa sono stati capaci e quanto dolore hanno provocato in seguito ala vittoria di Franco. È nostro dovere non dimenticare anche questa storia e soprattutto le persone che purtroppo non ci sono più. Un po’ come quell’albero di fichi che, saldo sulle proprie radici, è un monito per tutti noi e non ci fa dimenticare di cosa sia capace l’uomo.

9+

10 Risposte a “Recensione di “L’Albero della Vergogna””

  1. Non credo sia proprio il mio genere, anche se la copertina è bellissima. Io al momento sono più da libri per ragazzi. Bella recensione

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  2. Questo libro dovrebbe rientrare nel mio genere, ma le tue parole iniziali forse mi hanno fatto capire che non è giunto nemmeno il mio momento per leggere questo libro…

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