Recensione di “La mia parola contro la sua”

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Autore: Paola Di Nicola

Casa editrice: Harper Collins

Anno di pubblicazione: 2020

Genere: Narrativa culturale e sociale

Trama: “Le donne mentono sempre”. “Le donne strumentalizzano le denunce di violenza per ottenere benefici”. “Se l’è cercata”. “Le donne usano il sesso per fare carriera”. “Ma tu com’eri vestita?”. Questi sono solo alcuni dei pregiudizi che la nostra società ha interiorizzato. Pregiudizi volti a neutralizzare la donna e a perpetuare una sudditanza e una discriminazione di genere in ogni settore, soprattutto in quello giuridico, che è il settore determinante perché tutto possa rimanere come è sempre stato. Viviamo immersi in questi pregiudizi. Ogni nostro gesto, parola, azione deriva da un’impostazione acquisita per tradizione, storia, cultura, e neanche i giudici ne sono privi. Con la sua attività di magistrato, Paola Di Nicola ha deciso di affrontare il problema dalle aule del tribunale, ovvero dal luogo in cui dovrebbe regnare la verità e invece troppo spesso regna lo stereotipo. Se impariamo a guardare il mondo con lenti di genere, si apriranno nuovi spiragli, nuovi colori e nuove strade, e allora impareremo che una civiltà senza violenza può esistere, che l’armonia fa parte di noi, che uomini e donne possono stare l’uno al fianco dell’altra con amore e valore, che il nostro modo di parlare può essere più limpido, pulito e chiaro, che il silenzio dei complici si chiama omertà ed è un muro che va abbattuto.

Recensione: Ho sempre avuto grande interesse nei confronti dei libri che cercano di smontare convinzioni radicate in ognuno di noi, permettendoci di vedere il problema da un altro punto di vista. Questo libro fa esattamente questo: ci permette di avere un’infarinatura generale di cosa sia un pregiudizio e di come questo sia alla base di molte decisioni e reazioni nostre; ci dice come riconoscerlo, dove vederlo e come distinguerlo da altre tipologie di valutazioni più accurate. Ci insegna a non lasciarlo agire e a contrastarlo. Un piccolo libro con una pretesa così grande, poteva funzionare? Secondo me si perché la Di Nicola, una giudice con una grande passione per il suo lavoro, lo fa in maniera incisiva, senza troppi tecnicismi e con un trasporto emotivo enfatizzante capace di trasmetterti la voglia di di fare qualcosa per cambiare questo mondo e la condizione del genere femminile. Lo fa attraverso l’esposizione di esempi che lei ha incontrato nel corso del suo lavoro, di casi di cronaca e di sentenze emesse da alcuni suoi colleghi. Il modo di scrivere della Di Nicola non è pomposo o troppo complesso; ci si potrebbe aspettare un testo pieno zeppo di termini giuridici e di definizioni alquanto complesse per chi non è del mestiere come me. Invece opta per un linguaggio universale, semplice ma molto accentuato, capace di arrivare ai più lettori e di descrivere concetti e ragionamenti senza quel peso che spesso hanno i libri sul tema, camuffati da manuali. Il libro è strutturato in modo che dopo la parte iniziale dedicata ad una discussione più generale, pian piano ci si addentri sempre di più nel vivo del discorso, andando a vedere di volta in volta quali sono i pregiudizi più comuni nei confronti delle donne che devono affrontare un processo per violenza domestica o per stupro. L’autrice però sottolinea anche l’importanza di cosa alimenti queste forme di pregiudizi e di come riuscano a perpetuare e a mantenersi vivi nel tempo, pur essendo il frutto di percezioni distorte. A cominciare dal fatto che gli uomini difficilmente appoggiano la causa femminista, considerandola ancora una sorta di movimento mirato alla supremazia femminile, invece di vederlo per il suo significato originale di ricerca della parità dei diritti. Allo stesso tempo, chi ne riconosce il valore reale, ne ostacola la diffusione perché impaurito dalla possibilità di vedere minato il proprio ruolo. Altro punto interessante è l’analisi dedicata al genere delle parole utilizzate e come, ancora una volta, queste possano avere una valenza nel riconoscimento dei diritti del genere femminile, in particolare nei settori lavorativi di più alto livello. Le parole possono essere inoltre usate per categorizzare e, troppe volte alcune di quelle di genere femminile, si trascinano una connotazione negativa a differenza della stessa parola però di genere maschile. Questo evidenzia anche come esista fin dalla notte dei tempi il pregiudizio nei confronti delle donne e sia alimentato da credenze, substrato culturale, religione e pseudo convinzioni scientifiche. Altrettanto importante l’analisi di cosa sia stato raggiunto ad oggi nella lotta alla parità e quanta strada ci sia ancora da fare, soprattutto attraverso il supporto di quegli uomini che troppo spesso si sono tenuti in disparte. Il libro continua facendo un’analisi del pregiudizio nel contesto famigliare e di come lo stesso poi si ripercuota in un’aula di tribunale, andando ad influenzare sentenze che possono diventare veri e propri modelli distorti di successive valutazioni. Ancora una volta la Di Nicola sottolinea l’importanza di quello che viene detto e di come lo si fa. Non si può pensare che siano solo parole perché a certi livelli, le stesse parole possono decidere le sorti di persone e creare una base sulla quale altri potrebbero prendere ulteriori decisioni. Posso capire che alcune volte certi discorsi possano sembrare ridondanti e che molti spesso alzino gli occhi all’alto sentendo parlare di femminismo e di pregiudizi nei confronti del genere femminile. Eppure esistono, hanno un peso immane e sono protagonisti di casi di cronaca indicibili che ancora oggi vediamo ai telegiornali. Non possiamo fare finta di niente, non possiamo credere che non ci riguardi finché non ci toccano di persona e non possiamo pretendere che le cose cambino senza fare la nostra parte. Basterebbe solo che ognuno di noi si facesse un bell’esame di coscienza, prendesse consapevolezza dell’essere immerso in un mondo di pregiudizi e di utilizzarne alcuni all’occorrenza anche in maniera inconsapevole. Questi accorgimenti, se poi uniti ad un cambio di rotta e ad un’attenzione maggiore nel non utilizzarli come metro di giudizio, sicuramente apporterebbero una miglioria al modo di vivere delle donne e contribuirebbero a costruire quella base su cui porre le fondamenta del cambiamento vero e proprio. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo.

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9 Risposte a “Recensione di “La mia parola contro la sua””

  1. Bellissima recensione Maria grazia. Sai che non sono amante di questo genere, ma questo libro mi ispira moltissimo tissimo tissimo da come ne parli

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  2. Non leggo questo tipo di libri perché so che la mia sensibilità mi porterebbe a stare male più del dovuto. La recensione mi dice che non mi sbaglierei a riguardo

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