Recensione di “Il Canto di Calliope”

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Autore: Natalie Haynes

Casa editrice: Sonzogno

Anno di pubblicazione: 2021

Genere: Narrativa mitologica e femminile

Trama: Una donna sola corre nella notte, intorno a lei la sua città che brucia. Fuori dalle mura, la regina e altre sventurate attendono un destino che verrà deciso dai vincitori. È la caduta di Troia. Dieci interminabili anni di guerra sono giunti alla tragica conclusione, mentre le avventure dei protagonisti andranno a ispirare, nei secoli a venire, le opere di artisti e scrittori. «Cantami o Musa» invoca il sommo poeta Omero, che ha raccontato le gesta degli eroi. Ma Calliope, musa della poesia epica, questa volta è meno accomodante: è convinta che non tutto sia stato narrato, che qualcosa di fondamentale, legato alle figure femminili, manchi ancora per completare l’affresco. Se il bardo vuole che lei canti, allora lei canterà insieme a tutte le donne coinvolte nella grande tragedia. Dando voce a ciascuna di loro, Calliope prende in mano la storia e ce la racconta da una nuova prospettiva. Ecco Andromaca, Cassandra, Pentesilea, Clitennestra, che vengono alla ribalta, con i loro pensieri, con i complicati risvolti psicologici delle loro scelte, con la sete di vendetta, la solitudine, la dignità di fronte alla morte. E poi tutte le altre, da Penelope a Briseide, da Creusa a Ifigenia, dalle troiane che, vinte, saranno rese schiave, alle greche che attendono il rientro dei loro uomini, senza dimenticare le capricciose divinità che governano le sorti dei mortali. Attingendo alle fonti antiche, anche le meno note, Natalie Haynes rivisita una delle più grandi narrazioni di tutti i tempi, facendoci palpitare di commozione accanto alle leggendarie eroine, e trasmettendoci il sentimento vivo di come la guerra di Troia e la sua epopea appartengano alle donne non meno che agli uomini.

Recensione: Oggi torno con un volume di quelli che mi piacciono tanto e che oramai sono diventati uno dei miei generi preferiti. Parliamo de Il Canto di Calliope, romanzo che dona voce alle donne che hanno vissuto la Guerra di Troia insieme agli uomini sicuramente più famosi e ampiamente cantati nei poemi epici. Questo romanzo non da spazio solo a donne più conosciute come Penelope oppure Elena ma anche a personaggi che agli occhi di molti potrebbero risultare secondari e che, grazie a questo libro, vengono rivalutati. Spesso le donne hanno avuto ruoli decisivi nelle storie di guerra e di strategie politiche, dimenticati a differenza di quelli dei rispettivi uomini. Invece tra queste pagine abbiamo modo di conoscere il pensiero di quelle donne, il loro modo di affrontare il destino previsto dagli dei e i comportamenti che hanno spinto spesso questo stesso destino verso certe direzioni piuttosto che altre. La scrittura ha uno stile dialogico; questo romanzo è come un grande racconto intimo e profondo. Ogni donna si rivela e lo fa come se dovesse esporre il proprio pensiero ad un’intera folla pronta all’ascolto. L’espediente dell’ispirazione da parte della Musa Calliope al poeta narrante, l’ho trovato accattivante e sarcastico allo stesso tempo: Calliope concede di guidare il nostro scrittore ma lo fa solo perché vuole che si racconti di ognuna e che tutti sappiano le loro storie, le loro sofferenze, i loro intrighi e le loro debolezze. Ogni storia riprende informazioni dai grandi poemi epici e da romanzi scritti successivamente; un’altra parte invece è frutto della fantasia della scrittrice. Il tutto però è un mix perfetto che non stona in nessun modo e che a mio parere rappresenta al meglio la personalità, la forza e la tenacia delle protagoniste femminili. Il libro inoltre arriva ad un altro punto a mio parere estremamente importante: riesce a smontare il mito, la figura dell’eroe e la umanizza, con tutti i suoi difetti, le sue debolezze, i suoi sentimenti e le sue paure. L’uomo non è più solo colui che con forza, astuzia e coraggio riesce nelle imprese e nelle gesta eroiche, bensì è colui che spesso compie errori, che valuta la situazione emotivamente o che scappa di fronte alle vere responsabilità. Ad esempio molto interessante è il cambio di prospettiva rispetto alle motivazioni della guerra di Troia: troppo spesso la colpa è ricaduta solo su Elena; ma Paride? Anche lui ha la sua buona parte di responsabilità negli eventi e questo libro lo sottolinea spesso, da più prospettive. Abbiamo a che fare con uomini che non si fanno scrupoli nel sacrificare le proprie mogli, le proprie figlie o le donne della popolazione nemica; questi “eroi” spesso uccidono indistintamente e muoiono per  i giochi di potere. Le donne invece, così come dice il racconto, perdono tutto il resto; un concetto che a mio parere è ripetibile ancora oggi. Se l’uomo veniva esaltato perché in battaglia perdeva la vita, qui invece l’eroina è colei che resta in vita e che deve affrontare tutto ciò che rimane. Ho sofferto con Andromaca per la perdita del figlio e il dolore descritto dall’autrice è talmente lacerante da aver impresso nella mia mente la vivida scena. La Haynes non si limita a parlare solo di creature umane ma permette anche alle dee di dire la loro, spesso dipinte solo come compagne, figlie e sorelle di qualche altro dio, annoiate della loro immortalità e pronte a persuadere, sedurre e prendere in giro l’umano di turno. L’autrice preferisce parlare delle dee anche in termini di sentimenti, di emozioni, di desideri e di insicurezze. Le riporta ad una dimensione più comprensibile, e motiva le loro decisioni così come si farebbe con qualsiasi altro personaggio. La scrittrice fa tutto questo in maniera elegante, non snaturando il contesto storico e mantenendo lo stile che sa di racconti lontani. Pur rimanendo fedele ad uno stile poetico, dona diversi spunti di riflessione applicabili anche ai giorni nostri e al trattamento che ancora oggi è riservato alle donne.

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