Recensione de “L’uomo delle castagne”

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Autore: Soren Sveistrup

Casa editrice: Rizzoli

Anno di pubblicazione: 2020

Genere: Thriller

Trama: Troppe cornacchie dietro il trattore. Saltellano freneticamente intorno a qualcosa di bianco, pallido e informe. Un maiale. Gli occhi spenti, il corpo che freme e si agita, come se provasse a spaventare le cornacchie, appollaiate a mangiare da un grosso foro di arma da fuoco sulla sua nuca. Un navigato agente di polizia, a una settimana dalla pensione, si ferma davanti alla fattoria di un vecchio conoscente, nei dintorni di Copenaghen. Qualcosa non va. Un maiale morto lasciato lì. Non si fa così, in campagna. Apre la porta d’ingresso, socchiusa, con due dita, come nei film. Per vedere una cosa che non avrebbe mai voluto vedere: sangue, un cadavere mutilato, altri corpi da scavalcare. Cammina fino all’ultima stanza, dove centinaia di omini fatti di castagne e fiammiferi – infantili, incompleti, deformi – lo guardano ciechi. Stravolto, si chiude la porta alle spalle, senza sapere che l’assassino lo sta fissando.

Recensione: Con questo romanzo confermo la mia idea che gli scrittori di thriller nordici abbiano una marcia in più. Dopo l’innamoramento nei confronti del grande Fitzek, mi sembra sempre più difficile trovare autori alla sua altezza. Ebbene, ringrazio la Rizzoli per avermi dato la possibilità di leggere il primo romanzo di Sveistrup che promette di essere un grande scrittore del genere. Cominciamo dalla storia; a promo acchito potrebbe sembrare, per masticatori del genere, una storia non tanto originale. Eppure la bravura di Aveistrup è stata proprio quella di riuscire a districarsi in un territorio già battuto da più autori senza cadere nell’ovvio e nello scontato. Devo dire che fino all’80% del libro non avevo assolutamente idea di chi potesse essere l’assassino e questo la dice lunga sulla bravura dello scrittore di creare suspense. Lo stile è molto scorrevole, a tratti incalzante, in atri più riflessivo. Il romanzo alterna così momenti di tensione ad altri più dediti al ragionamento e alla riflessione poliziesca. La storia è strutturata a mattoni: pagina dopo pagina, incastro dopo incastro, scopriamo nuovi tasselli che vanno a completare il grande puzzle, dove niente è lasciato al caso e tutto trova una spiegazione. Per cui potremo definirla una storia ben architettata, capace di coinvolgerti nelle “indagini” a tal punto da sentirti parte della storia stessa. Inoltre non ci sono scene irrazionali o banalità al limite dei peggiori libri thriller. Altra cosa importante è la caratterizzazione dei personaggi. I due protagonisti hanno personalità molto forti ed entrambi hanno passati che caratterizzano il loro modo di agire. Lo stesso assassino ha un passato che lo caratterizza e permette di dare una sorta di “spiegazione” (se così vogliamo definirla) alle sue azioni. Ti ritrovi quasi a pensare “cosa ci potevamo aspettare da una vita così?”. Credo che con questo l’autore sia stato capace di farci immedesimare non solo con i “buoni” della storia ma anche con il cattivo, mettendo in evidenza quanto la psiche di un uomo possa risentire di avvenimenti dolorosi e traumatici avvenuti nell’infanzia. Non voglio dire molto perché rischierei comunque di fare spoiler (e credo non ci sia cosa peggiore per un thriller) però voglio assicurare agli amanti del genere che questo romanzo è davvero capace di creare l’adrenalina giusta, il brivido lungo la schiena e quella sensazione di disagio che personalmente ricerco tanto nei libri di questo tipo. Storie che all’apparenza possono sembrare così lontane, eppure invece rappresentano possibilità non tanto impossibili, vista la cattiveria e la crudeltà alle quali l’uomo può arrivare. Questo è un romanzo non per tutti. Credo che per i neofiti del genere possa essere un po’ più forte del dovuto e che come primo romanzo possa non essere di semplice digestione. Se invece siete dei temerari e, proprio per iniziare, volete buttarvi su una lettura nuda e cruda, “L’uomo delle Castagne” fa per voi. Ancora una volta confermo il mio amore per gli scrittori tedeschi, svedesi, danesi e norvegesi; mi chiedo se il freddo delle loro nazioni, li porti a “scaldare” l’ambiente in modi ai quali noi non siamo tanto abituati. Meglio per noi amanti dei thriller veri.

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